La MECHANÈ era una sorta di gru usata nel teatro greco per sollevare in aria gli attori, simulandone il volo. Per questo motivo era spesso funzionale a rappresentare l’intervento di un Dio sulla scena, da cui l’espressione latina Deus ex machina.
Sin dai suoi albori la tecnologia può essere considerata come un tentativo di superare i confini del corpo, dello spazio e del tempo.
Il progetto ha origine dall’incontro tra Mariella Celia, danzatrice, coreografa ed educatrice somatica e Ivan Macera, sound Artist. Il rapporto tra soma e tecnologia è prima di tutto relazione tra corpo in movimento e dispositivi sonori/installazioni.
A partire da ispirazioni provenienti dalla filosofia postumanista questo lavoro concepisce il corpo come struttura aperta e in costante trasformazione, materia plastica e mutevole, luogo di accadimenti percettivi dove organico e inorganico creano un universo sensibile che modifica radicalmente la relazione tra individuo e ambiente.
La ricerca osserva il rapporto del soma con il tempo, con la velocità, con equilibri e squilibri tra riposo e azione, gioca con meccanismi di dipendenza dalle macchine fino a renderle necessarie per l’atto primario dell’essere al mondo, il respiro. La respirazione in Mechanè non è coinvolta nella comparsa o scomparsa della cognizione, bensì nella sua forma, crea un battito che evita che il corpo cada nel vuoto, anima. La danza è tentativo di “elevazione”, una reazione alla gravità delle cose del mondo.