Una raccogliticcia squadra di calcio formata da bambini (giocatori “pulcini”, anagraficamente molto più piccoli degli interpreti sulla scena) si allena ai margini della “Polveriera”, il mitico campo che si affaccia sul Colosseo da sempre occupato dai coetanei più fortunati, coloro che sono “nati bene”. Il cancello invisibile che li divide dal campo diventa il simbolo della separazione sociale e di un rassegnato sentimento di predestinazione alla sconfitta dal quale i giovani protagonisti cercano faticosamente di emanciparsi. Varcare quella soglia diventa il premio per chi vince la partita finale, l’allenamento sportivo si traduce sulla scena in un esercizio spirituale, alla ricerca di un possibile riscatto sul campo e nella vita.
DESCRIZIONE E NOTE DI REGIA:
La Polveriera è il risultato di un percorso di formazione teatrale integrato rivolto anche a minori e giovani/adulti (17-25 anni) a vario titolo in carico al C.G.M. Centro per la Giustizia Minorile per il Lazio, l’Abruzzo e il Molise e all’U.S.S.M. Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni. In considerazione degli svantaggiati contesti di provenienza dei partecipanti è stato scelto un contenitore simbolico, quello dello sport come occasione di riscatto, di immediato riconoscimento per gli allievi coinvolti, capace di innescare processi di identificazione e creazione collettiva. A partire da improvvisazioni e suggestioni dei giovani attori, la narrazione si è sviluppata dunque intorno al racconto di una raccogliticcia squadra di calcio formata da bambini (calciatori “pulcini”, anagraficamente molto più piccoli degli interpreti sulla scena) che cerca di emanciparsi dalle sfortunate condizioni di partenza alla ricerca di una possibile vittoria sul campo e nella vita. All’interno di questa cornice drammaturgica e del contesto sportivo (così vicino al teatro) sono stati innestati i contributi autobiografici degli attori partecipanti, che si intravedono dietro i personaggi tra le larghe maglie del testo, con i loro sogni, le loro colpe, le loro paure. La scelta dell’infanzia come dimensione poetica del racconto, terreno mitico dell’ancora possibile, li riavvicina a loro stessi e contemporaneamente allo spettatore, in una prospettiva di riconoscimento reciproco e di inclusione. L’uso dei dialetti e delle lingue di provenienza (romano, napoletano, brasiliano), necessario a rendere accessibile il linguaggio teatrale a giovani attori alla loro prima esperienza di palcoscenico, diventa funzionale all’affresco di un contesto di periferia nel quale si stringono i “nati male”, italiani ed emigrati, legati da uno stesso destino di fallimenti e rassegnazione dal quale cercano di emanciparsi. L’allenamento sportivo si traduce sulla scena in un esercizio spirituale di riscrittura identitaria, che si incarna sul finale, quando i personaggi si svestono dei soprannomi che li hanno connotati per l’intera pièce e si scoprono come persone, pronunciando ad alta voce i loro nomi reali che irrompono “sul campo” del teatro mentre calciano il goal della vittoria. Con la partecipazione straordinaria di Giancarlo Porcacchia.
FORT APACHE CINEMA TEATRO è l’unica Compagnia teatrale stabile in Italia ed Europa costituita da attori ex detenuti oggi professionisti di cinema e palcoscenico. È diretta da Valentina Esposito, autrice e regista impegnata da quasi vent’anni nella conduzione di attività teatrali dentro e fuori le carceri italiane. Realizza produzioni cinematografiche e collabora con Sapienza Università di Roma in Progetti di Ricerca e Formazione.